Tutti abbiamo sentito parlare di conversion rate. Una delle tante espressioni inglesi utilizzate per descrivere il mondo del web marketing. Ma di cosa si tratta veramente?
Proviamo a scoprirlo insieme con questo articolo.
Il conversion rate – in italiano tasso di conversione – indica il numero di visitatori unici di un sito web (e di qualsiasi applicazione) che ha completato l’azione proposta.
Cioè il dato percentuale di quanti hanno risposto positivamente a una call to action. Quale:
- completare un acquisto
- scaricare un e-book/documento/brochure
- iscriversi alla newsletter
- compilare un form
In pratica è un KPIKPI è l'acronimo di Key Performance Indicator. In italiano Indicatore Chiave di Prestazione. Il termine rappresenta l'insieme di tutte quelle metriche utilizzate per misurare le prestazioni di una determinata organizzazione,..., altro termine del linguaggio tecnico che sta per Key Performance Indicator.
Il conversion rate ha un solo scopo, quello di valutare l’efficacia di una campagna di direct marketing. Insomma, le sue prestazioni complessive.
Per essere più chiari: se hai un e-commerce il tasso di conversione sarà utile per comprendere l’andamento degli affari.
Quanti sono gli utenti che ogni giorno visitano il tuo negozio on-line e quanti quelli che arrivano a mettere qualcosa nel carrello?
Sono davvero informazioni importanti perché esiste una regola fondamentale della vita, adatta anche a chi ha a che fare con la Rete: bisogna conoscere per agire.
Una strategia vincente parte proprio dall’osservazione. Proprio come ci illustra la teoria fondante del web listening.
Conversion rate formula
Dopo tante spiegazioni – decisamente fondamentali – arriva la parte più interessante: calcolare il tasso di conversione. Il lato concreto della questione, quella che serve a farci mettere le mani in pasta.
La procedura è davvero facilissima. Necessita di un paio di dati, una calcolatrice, carta, penna (per i veri amanti della tradizione) e null’altro in aggiunta.
Ricapitolando: il CR è il rapporto tra il numero di conversioni effettuate e il numero di accessi. Traduciamo la definizione in “termini matematici” e otteniamo la seguente formula
CR = (numero di conversioni/numero di visitatori unici) x 100
La moltiplicazione – naturalmente – serve a trasformare il valore così ricavato in dato percentuale, di utilizzo più immediato.
Ma cerchiamo di entrare nel cuore della materia.
Mettiamo caso che l’obiettivo sia quello di convincere gli utenti a comprare un libro.
Su 1000 accessi si contano 45 acquisti. L’operazione sarà:
CR = (45/1000) x 100
CR = (0,045) x 100 = 4,5%
Il dato finale è evidente.
Il 4,5% dei visitatori ha deciso di “convertirsi” spontaneamente acquistando il libro suggerito dalla nostra campagna virtuale.
Abbiamo quindi capito come funziona la famosa formula e siamo in grado di conteggiarla da soli.
Ma ricordiamo che il web è dalla nostra parte.
Google Analytics e Google AdWords esistono per agevolarci le cose. Entrambe le piattaforme offrono la possibilità di effettuare il calcolo CR. Senza problemi, in modo facile e veloce.
Tasso di conversione buono o cattivo?
Siamo giunti ad un buon punto della spiegazione e probabilmente hai già in mano il tuo CR. Ma la domanda sorge spontanea:
“Cosa ci facciamo con questo dato? Come lo valutiamo?”
Prima di approfondire, va precisato che non esiste un riferimento assoluto.
Un modello universale e sempre valido. D’altronde… come si dice… “tutto è relativo”.
Attenzione: questo non significa che quanto fatto finora è da buttare. Una semplice speculazione fine a se stessa. Dobbiamo giungere a delle conclusioni. Far fruttare la nostra analisi in maniera concreta per aumentare visibilità e fatturato dell’impresa.
Iniziamo con la comprensione del dato reale. Qual è il primo step da compiere? Confrontarlo con altre medie di settore. In generale, si possono considerare come positivi CR di circa:
- l’1-2% per il campo del B2B (business to business)
- l’1% per attività B2CB2c è l'acronimo dell'espressione inglese "business to consumer". Rappresenta, quindi, tutti i modelli di business che prevedono un rapporto diretto tra azienda e cliente. Sia nell'abito delle operazioni digitali che... (business to consumer) ad alto valore con carrello superiore ai 300 euro
- il 2% per B2C a medio valore con carrello compreso fra i 50 e i 300 euro
- il 3-4% per B2C a basso valore con carrello inferiore ai 50 euro
Se ci riflettiamo un attimo, i numeri risultano piuttosto comprensibili.
Si spende più facilmente, e senza troppe esitazioni o ripensamenti, quando la cifra è contenuta.
Un negozio online di abbigliamento low cost avrà – logicamente – un CR maggiore rispetto ad uno shop di preziosi.
Come ottimizzare il rate di conversione
Stiamo imparando molte cose ma il vocabolario del perfetto digital marketer contiene un altro termine importante: CROL'acronimo CRO indica la Conversion Rate Optimization, ovvero l'ottimizzazione del tasso di conversione di una pagina web, di un annuncio pubblicitario, di un post sui social ecc. Si tratta quindi.... L’acronimo di Conversion Rate Optimization.
Cosa vuol dire? Che possiamo ottimizzare il numero delle conversioni. Massimizzare la quantità degli utenti trasformati in clienti o lead.
Per farlo occorre scendere in campo armati di tutto punto. Con coltelli affilati e gli strumenti del mestiere.
Chi si occupa di CRO sa che si parte dall’analisi.
Bisogna capire quali sono i punti di forza e i punti deboli del nostro sito per andare incontro alle esigenze dei fruitori. Tra gli strumenti più impiegati:
- A/B test (o split testing) confronta diverse versioni di un sito web misurando le reazioni del pubblico
- mappe di calore (o heatmap) è la rappresentazione grafica del comportamento degli utenti di fronte ad elementi specifici di un sito
Una volta compreso il “sentiment” della gente occorre sviluppare idee e metterle in pratica.
Se l’utente abbandona la pagina prima di rispondere positivamente alla call to action ci sono delle ragioni fondate. Magari è colpa del messaggio, di come è stato inviato o della stessa usabilità del sito.
Ecco perché esistono le note “best practices ” (le migliori pratiche da seguire). Utilizzate anche dalle CRO per un use experience che accontenta le richieste degli internauti.
Alcuni esempi?
- mobilità: rendere il proprio sito mobile friendly e adattabile ad ogni dispositivo
- velocità: aumentare la velocità di caricamento delle pagine
- multi-step form: form suddivisi in più parti facilmente compilabili dagli utenti
- acquisti multipli: consentono di acquistare in contemporanea più prodotti a prezzo scontato
- commenti e recensioni: funzionano da “prova sociale” regalando maggiore credibilità e trasparenza
Se anche tu hai un’attività online e desideri migliorarla, non esitare a contattare la nostra squadra. Mailsenpai è composta da professionisti ed esperti del settore, pronti a soddisfare ogni tua esigenza.