Il marketing tribale è una strategia non tradizionale di marketing. Come tale si tratta di un approccio moderno. Alla base del suo utilizzo c’è la creazione di un aggregato di persone. E’ come se il brand si trasformasse e costituisse qualcosa di nuovo: la tribù.
In molti esempi questa diventa quasi una strategia esperienziale. Quindi che trasforma il consumo in un’esperienza.
In questa guida trovi tutte le info sull’argomento. Scopri cos’è il tribal marketing e come utilizzarlo. Così come i pro e i contro… Alla fine della guida troverai degli esempi di successo!
In pochi punti:
Cos’è il marketing tribale?
Il nome può aiutare a capire cos’è il marketing tribale. D’altra parte “tribale” ricorda le tribù. Perciò gruppi di persone che creano una collettività. Per capire meglio come questo aggettivo sia ampiamente descrittivo, può essere utile affidarsi a uno dei fondatori del tribal marketing. Cioè Bernard Cova, che afferma:
Sia che si tratti di grande masse tribali o di piccoli raduni locali, i gruppi tribali hanno un aspetto ritualistico che offre terreno fertile per operazioni di marketing.
Questa strategia sfrutta un aspetto peculiare della globalizzazione. Cioè un minore attaccamento alla territorialità e agli ideali, come la religione. In questo modo riesce a creare facilmente il contesto per dei gruppi. Questo perché viene meno il senso di devozione agli elementi in comune con gli altri. In sintesi, la globalizzazione fa sì che sia più semplice fare aggregazione. A prescindere dall’età, dal sesso o dalla religione.
Come funziona il marketing tribale?
Alla base del tribal marketing c’è la comunità creata intorno a un prodotto. Difatti questo approccio prevede un forte legame. Se non con il prodotto, con il marchio. Oltre a questo, è prevista una fidelizzazione radicata. Il consumatore si riconosce nella marca, nei suoi valori e nella brand essence.
In aggiunta a questo, la tribù è il gruppo di clienti. Cioè dei consumatori che si riuniscono intorno al prodotto o al marchio.
Il marketing tribale può essere considerato anche come marketing virale. O ancora come buzz marketing. In ogni caso l’obiettivo è far si che si crei un legame tra il prodotto e il cliente. Oppure tra il brand e il consumatore. Così si crea una comunità di utenti appassionati.
Il primo a teorizzare questo concetto è stato Michel Maffesoli. Certamente fu lui a chiamare “tribù” questa unione di persone. Invece Bernard Cova ha approfondito il legame tra prodotto e consumatore. Quest’ultimo affermò che il tribale marketing ha lo scopo di “mantenere il legame fra i clienti stessi, aiutandoli a condividere le loro passioni grazie a un prodotto o un servizio“.
In cosa consiste?
Il marketing tribale si basa sulla creazione di un sistema valoriale molto forte. Intorno a un brand o a un prodotto. Affinché la strategia funzioni questo aspetto è fondamentale. Soprattutto perché in caso contrario viene meno la fidelizzazione e la creazione della tribù.
Senza dubbio può funzionare solo se gli ideali sono ben saldi, definiti. Solo così i membri della tribù possono identificarsi nell’azienda. E allo stesso modo desiderare di far parte di una comunità che le gira intorno.
Sintetizzandola si può definire come una strategia emozionale. Facendo leva sul sentimento dell’utente, si crea il rapporto. E supportando questo sistema di valori si ottiene la fidelizzazione nel tempo.
Come fare marketing tribale e non sbagliare?
Per fare tribal marketing in modo corretto è necessario creare un legame forte, non forzato e autentico. Innanzitutto questo è possibile posizionandosi sul mercato. Ad esempio nella percezione di un articolo o di un brand. In questo modo è possibile da subito stimolare il consumatore e creare la comunità.
Oggi creare l’effetto tribù è più semplice. È sufficiente pensare ai social network e a come siano degli aggregatori di persone molto potenti. Non a caso molte campagne di marketing tribale si basano sulla condivisione social online. In seguito questa può trasformarsi in azioni offline come l’acquisto.
Riassumendo le caratteristiche di questa strategia sono:
- La fidelizzazione;
- La comunità di riferimento;
- L’azienda come supporto della community;
- Le esperienze condivise, anche tramite il brand;
- Un legame affettivo ai valori del marchio.
Strategie, tecniche e consigli
Oggi il consumatore non sceglie il brand per i prodotti. O meglio, non solo. Al centro della decisione ci sono i valori che comunica. Ad esempio la sostenibilità ambientale, il commercio responsabile e l’investimento in cause per la comunità.
Questi aspetti rendono il prodotto e il marchio interessanti. Non a caso negli ultimi anni si è assistito a una crescita improvvisa dei brand che puntano a certificazioni ecologiche. Questo è il modo più semplice per dimostrare l’impegno dell’azienda nella lotta all’emergenza climatica.
Per progettare una strategia di tribal marketing d’effetto è bene concentrarti su questo primo aspetto. Quindi chiederti: quali sono i valori della mia azienda? Come posso promuoverli? Se non li conosci tu, come possono farlo i clienti?
Inoltre degli studi di mercato sul tuo target sono un’altra buona idea. Per creare un tribù è imperativo prima conoscerla. Perciò approfondire quali siano gli interessi dei consumatori. O ancora cosa accomuna tutti i tuoi clienti. Questi elementi creano i valori della tribù. E permettono di creare una community che sviluppi il senso di appartenenza al brand.
In più grazie al digitale creare questo spazio è ancora più facile. I social e gli strumenti digitali consentono di aumentare il numero di relazioni. Nonché di gestirle al meglio, condividendo opinioni e proposte. Per di più queste piattaforme possono fornire alle imprese degli spunti per modificare un prodotto. O il marchio.
Su cosa basare la strategia di marketing?
Sintetizzando gli elementi per una strategia di marketing tribale d’effetto sono:
- Un sistema di valori solidi dell’azienda;
- Conoscere e approfondire il target, quindi cosa interessa alla tua tribù;
- Favorire la creazione dei collegamenti, attraverso i social o altri strumenti digitali;
- Condividere continuamente contenuti con la community;
- Sfruttare questi elementi per migliorare la tua impresa.
Esempi di marketing tribale
Gli esempi di marketing tribale possono aiutarti a capire di più di questo argomento. Ecco alcuni esempi degli ultimi anni, italiani ed internazionali.
Un esempio evergreen: Apple
Senza dubbio è un esempio sempre verde e che non passa di moda: il marchio Apple. Questo brand di telefonia ha usato molto il tribal marketing in passato. E lo fa tutt’ora. Inizialmente ha fatto girare la sua comunicazione intorno al logo, che oggi è uno dei più iconici di sempre. Invece il suo motto? “Think different”. Pensa diversamente.
In seguito il brand ha puntato sulla semplicità e sulla libertà di utilizzo. Allora il motto è diventato “Fai quello che vuoi“. Il vero tribal marketing però venne impiegato nelle community online, dove venivano condivisi dettagli sul funzionamento dei prodotti. Allo stesso modo gli utenti scrivevano recensioni e condividevano video.
Ancora oggi sulle piattaforme come YouTube è pieno di content creator che si dedicano al mondo Apple. Ad esempio con i commenti sui prodotti appena usciti. Questi contenuti video creano commenti, visualizzazione e interazioni degli utenti, della tribù. Così l’azienda continua a mostrarsi come uno degli esempi più validi di strategia tribale.
L’esempio italiano: Alfa Romeo
Uno degli esempi più emblematici italiani è senza dubbio il brand Alfa Romeo. Questa azienda automobilistica in passato ha persino creato la piattaforma alfisti.com, dove la cosiddetta tribù poteva confrontarsi sulla propria esperienza.
Il portale era pensato per i clienti e gli automobilisti appassionati dell’Alfa. Questo esempio è talmente ben riuscito che si sono creati dei nuovi termini per identificare la tribù. Ad esempio la parola “alfisti” indica coloro che guidano le Alfa Romeo e fanno parte della community.
Coinvolgere il cliente per migliorare: il caso Starbucks
La nota catena di caffè americana Starbucks ha creato un altro caso interessante di marketing tribale. Nello specifico ha creato la campagna “My Starbucks Idea“.
Attraverso diversi spot, l’azienda chiedeva alla community come poter migliorare. Ovviamente fornendo gli strumenti per rispondere e interagire con il marchio. I benefici di questa strategia, che sembra elementare ma è stata innovativa, sono duplici:
- La community si sente parte attiva del brand, in quanto è chiamata all’azione;
- L’azienda raccoglie informazioni e feedback utili per migliorare.
Pro e contro del marketing tribale
I vantaggi del tribal marketing sono molti. In primo luogo questa strategia ti consente di fidelizzare il cliente. Anzi, è il consumatore che decide di continuare a seguire il brand e acquistare il prodotto. E tramite la passione della tribù lo promuove.
In aggiunta a questo ti permette di creare una community solida, in grado di somigliare a una fan-base. Il caso di Starbuck aiuta a capire come questo sia uno strumento molto utile, non solo al fine dell’acquisto. Ad esempio migliora la brand awareness. Ed anche il posizionamento.
Gli aspetti negativi non sono molti. Certamente il principale è l’impegno che richiede il tribal marketing. Come qualsiasi rapporto, anche quello con la community richiede impegno e costanza. Nonché un continuo confronto e stimolo degli utenti.
Conclusioni
Il viaggio in questa strategia è finito. Adesso sai tutto del marketing tribale e puoi iniziare a sperimentare.
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