Quello dell’intelligenza artificiale è un tema che appassiona in tanti.
E non stiamo parlando di film di fantascienza. O di libri post-apocalittici e graphic novel.
Ma di una realtà tangibile. Che ci interessa molto da vicino e riguarda anche la nostra quotidianità.
Con questo articolo cercheremo di affrontare la questione in maniera diretta.
Per comprendere che cos’è veramente l’intelligenza artificiale. In che consiste e quali sono i principali settori di applicazione.
Pronti?
Apriamo il sipario.
In pochi punti:
- 1 Che cos’è l’intelligenza artificiale
- 2 Quando diventa disciplina scientifica
- 3 Intelligenza artificiale debole o forte
- 4 La classificazione di Arend Hintze
- 5 Machine learning vs Deep learning
- 6 Intelligenza artificiale nella vita quotidiana
- 7 Le professioni del futuro
- 8 Pro e contro dell’intelligenza artificiale
- 9 Conclusioni
Che cos’è l’intelligenza artificiale
Cominciamo col dire che non è facile trovare una definizione univoca di intelligenza artificiale.
Perché interessa vari campi del sapere e della ricerca. Come l’informatica, la linguistica e la neurobiologia.
Per il dizionario De Mauro l’espressione indica
l’insieme di studi e tecniche che tendono alla realizzazione di macchine, specialmente calcolatori elettronici, in grado di risolvere problemi e riprodurre attività proprie dell’intelligenza umana.
Grande dizionario italiano dell’uso
Insomma, le IA sono sistemi che pensano e agiscono razionalmente. Proprio come un essere umano. In carne ed ossa.
Ma andiamo avanti per scoprirne di più.
Quando diventa disciplina scientifica
L’interesse verso il concetto di intelligenza artificiale nasce con la Seconda guerra mondiale. E la creazione di macchine per la decifrazione di codici segreti.
Ma si sviluppa con forza a partire dal 1943.
Quando i due ricercatori americani Warren McCulloch e Walter Pitts danno origine al primo neurone artificiale.
Un altro anno fondamentale è il 1953.
Esce – infatti – un articolo decisivo per l’argomento: Computing machinery and intelligence di Alan Turing.
Il padre dell’informatica propone quello che diventerà famoso come “test di Turing“.
Lo scopo? Determinare se una macchina può pensare come un essere umano.
Come? Con una semplice prova di imitazione conversazionale.
Ogni aspetto dell’intelligenza può essere descritto in termini tanto rigorosi da rendere possibile programmare una macchina in grado di simularli.
John McCarthy
Chiudiamo con un ultimo evento centrale.
È il 1956. Siamo in America e l’IA assume lo status di disciplina scientifica.
L’occasione è un convegno al Dartmouth College dedicato allo sviluppo delle macchine intelligenti.
Durante la conferenza il ricercatore John McCarthy usa per la prima volta il nome di intelligenza artificiale.
E tutto ha inizio.
Intelligenza artificiale debole o forte
Possiamo affermarlo senza paura di smentite.
L’intelligenza artificiale si occupa di creare macchine speciali. Macchine capaci di emulare l’intelligenza umana.
Sappiamo, però, che l’invenzione delle IA ha aperto subito discussioni di tipo etico-filosofico. Riassumibili con una domanda che guarda al domani. A volte anche con un pizzico di preoccupazione.
E cioè: le macchine sostituiranno l’uomo?
La risposta è complicata.
Nemmeno la comunità scientifica azzarda conclusioni.
Però prova a metterci sulla strada giusta distinguendo due tipi di intelligenza artificiale:
- Debole
Simula alcune funzionalità cognitive dell’uomo. Ma non ne è in grado di raggiungerne le capacità intellettive tipiche. In pratica, si limita a risolvere problemi. - Forte (teorizzata per primo da John Searle in Menti, cervelli e programmi del 1980).
In tal caso si parla di “sistemi sapienti”. O addirittura di “coscienze di sé”. Le macchine cessano di essere strumenti. Per evolversi in sistemi di pensiero autonomo.
Parliamo di una tesi presa in considerazione da numerosi scienziati. E che, al momento, rimane nel campo dell’ipotesi futuribile.
Per ora possiamo stare tranquilli.
Ma, attenzione. Il progresso corre veloce!
La classificazione di Arend Hintze
I contributi degli esperti sono numerosi e interessanti.
Uno di questi arriva da Arend Hintze, assistente professore di biologia integrata, informatica e ingegneria all’Università del Michigan.
Nel 2016 classifica quattro tipi di intelligenza artificiale.
- Macchine reattive
Sono in grado di analizzare scenari specifici, identificare oggetti e fare previsioni. Tuttavia non hanno memoria.
Un esempio? Deep Blue di IBM. Il computer che, nel 1990, sconfisse al gioco il campione di scacchi Garry Kasparov. - Memoria limitata
Si tratta di sistemi che utilizzano informazioni in memoria per prendere decisioni. Come i veicoli a guida autonoma. - Teoria della mente
Sono macchine che possono interagire a livello psico-emozionale.
Cominciamo ad entrare nel campo di ciò che deve ancora accadere. Ma è in fase di studio. - Autocoscienza
All’ultimo stadio dell’evoluzione si posizionano i robot dotati di coscienza di sé.
Per capirci, citiamo ai cinefili il supercomputer Skynet della saga Terminator.
Che dire?
Aspettando l’arrivo dei robot senzienti… Meglio rileggere le Tre leggi della robotica di Isaac Asimov.
Machine learning vs Deep learning
Probabilmente avrai sentito parlare di queste espressioni.
Spesso vengono impiegate come sinonimi di intelligenza artificiale.
Eppure le differenze sono sostanziali.
Cerchiamo di capire perché.
Machine learning significa “apprendimento automatico”.
Rappresenta l’insieme di metodi con cui l’IA viene allenata a svolgere azioni non programmate. In completa autonomia.
Per intenderci: anche i filtri antispam delle nostre caselle e-mail adottano algoritmi di tipo machine learning.
Deep learning vuol dire “apprendimento approfondito”.
Ed è una sotto-categoria del machine learning.
Un sistema di apprendimento complesso. Per quale motivo?
Perché usa reti neurali artificiali per catalogare/organizzare le informazioni ricevute. Così da creare nuovi schemi di azione.
Come fa Siri, l’assistente vocale dei dispositivi Apple.
Fin qui tutto chiaro? Benissimo.
Allora proseguiamo con la lettura.
Intelligenza artificiale nella vita quotidiana
Non bisogna pensare all’intelligenza artificiale come un sistema fantascientifico. Da laboratorio NASA.
Possiamo trovare esempi di intelligenza artificiale ovunque.
Basta guardarsi intorno.
Sono tecnologie a IA: le chatbot, gli assistenti virtuali, i veicoli a guida autonoma, le app di traduzione simultanea, eccetera.
L’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano può darci una mano per una visione completa.
Ha, infatti, individuato ben otto classi applicative:
- autonomous vehicle = mezzi a guida autonoma per trasporto su acqua, strada e aria;
- autonomous robot = robot con braccia meccaniche in grado di muoversi e agire senza intervento umano;
- intelligent object = oggetti che eseguono azioni e prendono decisioni autonome tramite sensori o interazioni pregresse;
- virtual assistant/chatbot = software progettati per conversare con l’essere umano;
- recommendation = programmi di filtraggio dei contenuti creati per aiutare gli utenti con raccomandazioni personalizzate;
- image processing = sistemi di analisi immagini/video per il riconoscimento visivo;
- language processing = sistemi per elaborare, comprendere, tradurre e produrre testi;
- intelligent data processing = algoritmi applicati su dati strutturati per ricavare informazioni.
Le professioni del futuro
È un dato di fatto. L’automazione e l’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il mondo del lavoro.
Secondo una ricerca LinkedIn (2019) il 65% dei bambini di oggi è destinato a svolgere un mestiere che ancora non esiste.
Come il walker/talker. Che è una persona comune. Pagata per fare conversazione e passeggiate.
Oppure il cyber city analyst. Un supervisore della sicurezza urbana che si occupa anche di controllare la funzionalità dei servizi.
Sembra uno scenario incredibile? Rassicurati. Non lo è.
Per farci un’idea è sufficiente dare un’occhiata a cosa cercano le aziende.
Sono sempre più richieste figure specifiche come: il data scientist, lo specialista in intelligenza artificiale, l’esperto di cyber security, robotic e data engineer.
Insomma, il futuro è dietro l’angolo. Occorre prenderne atto.
Pro e contro dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale è una tecnologia nata, progettata e sviluppata per aiutare l’uomo. Purtroppo presenta anche risvolti negativi.
Proviamo a fare un riassunto partendo dai vantaggi.
Grazie all’IA è possibile:
- automatizzare attività ripetitive;
- effettuare operazioni a ciclo continuo (senza pause);
- minimizzare i margini di errore.
Ovviamente viene naturale pensare al lavoro nelle catene di montaggio.
Ma ribadiamo che le IA sono utilizzate in vari ambiti.
Compreso quello del digital marketing. In che maniera?
Ad esempio, per monitorare l’enorme mole di dati a disposizione e personalizzare l’esperienza degli utenti.
Chiudiamo il cerchio con i lati negativi. Come dice il detto popolare “non è tutto oro ciò che luccica”.
In alcuni casi, l’intelligenza artificiale può:
- avere costi troppo elevati;
- mettere a repentaglio posti di lavoro (le macchine sostituiscono l’uomo).
E infine… manca di empatia. Ci saranno – un giorno – robot capaci di piangere o sorridere?
Non è da escludere. Nel frattempo, prepariamoci.
Conclusioni
Quindi, non ci sono limiti alle applicazioni dell’intelligenza artificiale.
D’altronde, si parla già di industria 4.0. Aziende e imprese sempre più automatizzate e interconnesse.
Prima di terminare, ti consigliamo un paio di letture utili.
Ovvero: Intelligenza artificiale. Cos’è davvero, come funziona, che effetti avrà di S. Quintarelli e Le macchine sapienti. Intelligenze artificiali e decisioni umane di P. Benanti.
Il nostro viaggio si conclude qui.
Speriamo di averti aiutato a comprendere meglio questo settore. E regalato spunti di riflessione importanti.
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