Ti sarà probabilmente capitato di vedere un prodotto frutto della collaborazione tra due brand. Questa collaborazione prende il nome di co-branding.
Non ne hai mai sentito parlare? Non preoccuparti: in questo articolo ti spiegherò nel dettaglio tutti gli aspetti di questa strategia di marketing.
In pochi punti:
Cos’è il co-branding
Partiamo dalle basi: cosa s’intende quando si parla di co-branding?
Il co-branding è una forma di co-marketing che prevede una partnership tra due o più brand per la commercializzazione di un prodotto o un servizio.
Le attività di marketing relative a quel prodotto o servizio saranno dunque coordinate e decise insieme dai partner.
Da cosa è caratterizzato
Le caratteristiche del co-branding possono variare, ma ci sono alcuni elementi ricorrenti.
Il primo è senza dubbio l’unicità. Il co-branding permette infatti di realizzare un prodotto unico, facilmente distinguibile dagli altri e che attrae il consumatore proprio per la sua particolarità.
Un altro elemento fondamentale deriva dalla natura stessa di questa tecnica. Quando due brand si fondono, il risultato è un mix dei loro valori e dei loro attributi. Si crea qualcosa che è più della somma dei valori e degli attributi dei brand considerati singolarmente.
Il principale risultato di una strategia di co-branding è dunque la creazione di valore.
Il prodotto acquisisce un valore simbolico dato proprio dal fatto di essere unico e con caratteristiche diverse da qualsiasi altro.
La customer experience di chi acquista il prodotto co-branded è quindi unica e irripetibile, e il cliente è spinto ad acquistare il prodotto.
Se hai acquistato un prodotto in collaborazione tra due brand sai di cosa sto parlando.
Come funziona
Abbiamo detto che il co-branding si realizza tramite una partnership tra due realtà imprenditoriali. Ma come funziona questa partnership?
Ti sarà sicuramente capitato di collaborare con un’altra persona – un amico, un collega di lavoro o di università – per cui sai bene che una visione comune è necessaria: con obiettivi diversi non si arriva da nessuna parte.
La stessa cosa accade per i brand: stima e rispetto reciproco, e la volontà di costruire qualcosa insieme sono indispensabili.
La partnership deve insomma poggiare su solide basi: solo così potrà avere successo.
Ripensa a quando hai collaborato con qualcuno per un progetto: se ti è capitato un compagno svogliato e poco serio, sei stato costretto a fare tutto il lavoro da solo, ma il merito è stato condiviso.
Frustrante, non trovi? Per evitare ai brand di trovarsi in questa scomoda posizione, alla base del co-branding vi è un accordo tra le parti, siglato da un contratto.
Tale contratto serve a definire quali sono gli impegni dei due partner, la durata prevista della collaborazione e le modalità di interruzione dell’accordo.
Stabilire a priori ciò che ognuno dovrà fare e per quanto tempo è fondamentale. In questo modo nessuno dei brand potrà fare il compagno scansafatiche.
Le tipologie di co-branding
Non tutti i co-branding sono uguali. Si possono elencare diverse tipologie in base a quale aspetto viene considerato.
Vediamole insieme.
Strategico e tattico
Se ci focalizziamo sulla durata della partnership, possiamo distinguere due tipologie.
- Co-branding strategico: la collaborazione si protrae per un tempo medio-lungo, il che comporta anche un maggior impegno da parte dei brand, e un più ampio coinvolgimento dell’identità di marca.
- Co-branding tattico: al contrario, la collaborazione è di breve durata, e l’interazione tra i partner è limitata.
Product-based e communication-based
Quando consideriamo quale elemento del marketing mix viene coinvolto, individuiamo altre due tipologie.
- Product-based co-branding: viene creato un nuovo prodotto o due prodotti vengono commercializzati insieme – in questo caso si parla di bundling.
- Communication-based co-branding: due o più brand sono associati a livello comunicativo e promozionale, per ottenere vantaggi reciproci.
Funzionale e simbolico
Infine, facendo riferimento agli obiettivi che si intendono raggiungere abbiamo le ultime due tipologie.
- Co-branding funzionale: l’accordo prevede la commercializzazione di un unico prodotto con entrambe le marche dei partner.
- Co-branding simbolico: al brand produttore ne viene associato un altro, per far sì che gli attributi positivi del secondo brand siano trasferiti al prodotto.
Come fare co-branding
Arrivati a questo punto ti starai probabilmente ponendo una domanda: come si fa co-branding?
Il primo passo è definire quali obiettivi intendi raggiungere e come il co-branding può aiutarti a farlo.
Stima poi le risorse a tue disposizione, sia in termini di tempo che di investimento economico.
A questo punto ti servirà una buona strategia che ti permetta di realizzare gli obiettivi che ti sei prefissato. E, naturalmente, un partner in crime.
Come sceglierlo? Ecco alcune caratteristiche che il co-brand ideale dovrebbe possedere.
- I due brand dovrebbero condividere vision e valori, e rivolgersi alla stessa tipologia di target.
- L’appartenenza alla stessa categoria merceologica non è indispensabile.
Ci sono molti esempi di co-branding in cui i due brand provengono da mondi diversi.
- Infine, non scegliere un concorrente diretto.
Eviterai di confondere i consumatori e far passare il messaggio che i vostri prodotti siano assimilabili.
Perché ricorrere al co-branding
Perché quindi dovresti inserire il co-branding nella tua strategia? I motivi possono essere diversi.
Tuttavia, è innegabile che da esso derivino vantaggi significativi, per cui è diventata una strategia sempre più utilizzata negli ultimi anni.
Ecco alcuni obiettivi che puoi raggiungere attraverso il co-branding:
- incremento delle vendite e della quota di mercato a scapito dei competitor;
- raggiungimento di nuovi target;
- modifica del posizionamento, con un aumento del valore percepito;
- crescita della brand awareness.
Puoi scegliere di perseguire uno o più obiettivi alla volta, ma valuta sempre attentamente cosa è meglio per il tuo brand.
Chi ricorre a questa tecnica
Se sei arrivato fin qui sai ormai cos’è e come funziona il co-branding.
Forse ti stai chiedendo se può essere adatto al tuo brand, ma non trovi la risposta.
Niente panico, sto per spiegarti quali tipologie di brand possono trarre beneficio da una strategia di co-branding.
La risposta è in effetti molto semplice: tutte!
Spesso si ritiene erroneamente che solo i grandi brand possano fare co-branding.
Al contrario, anche quelli di piccole dimensioni possono ottenere vantaggi da questa tecnica se riescono a sfruttarla al meglio, partendo da una buona strategia.
Vantaggi e svantaggi
Come avrai avuto modo di capire, i vantaggi del co-branding sono numerosi.
Per semplificarti le cose, eccoti una lista di tutti i vantaggi principali:
- incremento del valore percepito del prodotto e della sua qualità;
- acquisizione di nuovi potenziali consumatori grazie al raggiungimento del target del partner. Se se sai come conquistare il cliente e come fidelizzarlo questi nuovi consumatori diventeranno tuoi clienti affezionati;
- aumento delle vendite;
- aumento della brand awareness.
I rischi legati ad una strategia di questo tipo sono dovuti principalmente ad una scelta errata del partner. Può capitare infatti che uno dei due brand prevalga sull’altro, oscurandolo.
Un altro potenziale rischio è che il prodotto non risponda alle aspettative dei consumatori, e sia quindi un flop.
Esempi di co-branding
Hai bisogno di ispirazione prima di lanciarti in questa avventura?
Eccoti accontentato, di seguito ti illustrerò alcuni esempi di co-branding, dai più classici ai più recenti.
Pronto? Cominciamo!
Starbucks e Spotify
La catena di caffè statunitense e il servizio svedese di musica in streaming sono i protagonisti di una strategia di digital co-branding.
I dipendenti di Starbucks ricevono un account Spotify premium e hanno la possibilità di creare playlist con la loro musica preferita. Queste playlist sono accessibili tramite l’app di Starbucks.
Al contempo, Spotify offre sconti speciali ai clienti della catena.
Perché funziona?
I brand, pur appartenendo a categorie differenti, hanno lo stesso obiettivo: intrattenere, con caffè e dolcetti o con musica e podcast, i propri clienti.
La partnership non risulta dunque forzata o innaturale, ma anzi permette a entrambi di raggiungere nuovi potenziali clienti.
Nike e Michael Jordan
Nel 1984 Nike lancia il brand Air Jordan e inizia a produrre modelli di scarpe che vengono indossati dal campione di basket Michael Jordan durante l’NBA, la più importante competizione di pallacanestro a livello mondiale.
Il brand ha un tale riscontro che ben presto la collezione si amplia, arrivando a includere abbigliamento sportivo e non solo.
Ancora oggi, il brand ha un enorme successo, e garantisce a Michael Jordan importanti guadagni.
Perché funziona?
Siamo di fronte ad un classico caso di product-based co-branding avente come elemento comune lo sport.
Il prodotto diventa desiderabile perché indossato da un grande campione, ma non solo. La linea richiama infatti gli attributi positivi di Michael Jordan già nel nome “air” riferito all’incredibile capacità di elevazione dell’atleta.
Il brand è inoltre riuscito ad evolversi nel corso del tempo, passando da essere esclusivamente legato allo sport ad essere uno dei marchi di riferimento dello streetstyle.
Philadelphia e Milka
Ora voglio invece parlarti di un caso di co-branding che non ha avuto il successo sperato, almeno nel nostro paese.
Sto parlando del formaggio spalmabile al gusto di cioccolato nato dalla collaborazione tra Philadelphia e Milka.
In Italia è stato un vero e proprio flop, tanto da essere ritirato dal mercato.
Perché non ha funzionato?
Probabilmente il motivo del fallimento sta nel posizionamento poco chiaro del prodotto, penalizzato dal fatto di essere un ibrido tra salato e dolce.
L’unione tra questi due sapori poteva essere vincente, ma non è stata comunicata adeguatamente ai consumatori, che di conseguenza non hanno accolto favorevolmente il prodotto.
Fendi e Rummo
In questo caso siamo di fronte a un co-branding tattico, realizzato per un’occasione precisa: la sfilata Fendi alla recente Milano Fashion Week.
Il pacco di pasta Rummo, modificato nel packaging e nel contenuto – il formato non erano penne o spaghetti, ma le iconiche “F” del brand Fendi – è diventato l’invito alla sfilata.
Perché funziona?
Due brand appartenenti a due mondi diversi che si incontrano traendone un reciproco vantaggio: la famosa casa di moda si avvicina alla quotidianità, il produttore di pasta fa suoi gli attributi di esclusività e ricercatezza propri del mondo della moda.
Il filo conduttore in questo caso è il made in Italy, elemento caratteristico di entrambi i brand.
Di esempi da fare ce ne sarebbero molti altri, a partire dai casi di co-branding nel mondo del fashion e in quello del food, ma ora voglio parlarti di come si struttura una strategia di questo tipo nel mondo dei social network.
Con l’avvento dei social ha visto la luce una nuova figura: l’influencer, e una nuova branca del marketing dedicata, l’influencer marketing.
Gli influencer sono, a tutti gli effetti, dei brand con delle proprie caratteristiche distintive e uno specifico target di riferimento.
Ricordi il caso dell’acqua Evian venduta a 8€? Scatenò molte polemiche per il prezzo ritenuto eccessivo per una bottiglia d’acqua minerale.
Ma la bottiglia in questione aveva con il logo di Chiara Ferragni, per cui il valore percepito era elevato.
Mettici poi che era una limited edition, ed ecco che una semplice bottiglia d’acqua diventa un prodotto da possedere e collezionare.
Questo è un ottimo esempio di co-branding tra un brand e un’influencer, ma sono sicura che te ne saranno già venuti in mente altri.
Negli ultimi anni infatti sempre più brand stanno scegliendo di portare avanti strategie di co-branding che coinvolgano gli influencer, spinti dai numerosi vantaggi che queste collaborazioni comportano.
Anche in questo caso vale però la stessa regola: ci dev’essere coerenza tra i due brand, altrimenti la collaborazione sarà destinata a fallire.
Strategie e consigli
Siamo arrivati alla fine, ma prima di salutarti voglio darti alcuni consigli su come far sì che la tua strategia di co-branding abbia successo.
- pianifica tutto in anticipo: un’iniziativa di successo non è mai frutto del caso, ma dietro c’è sempre uno studio approfondito di tutte le variabili;
- studia i potenziali partner e il loro business per capire se e in che modo possono essere adatti al tuo brand;
- scegli un brand che possa metterti in luce, non sovrastarti;
- monitora i risultati che stai ottenendo;
- non avere paura di sbagliare: all’inizio può sembrarti complicato, ma ti assicuro che ne varrà la pena.
Conclusioni
Ora che sai tutto, ma proprio tutto, sul co-branding, non ti resta che iniziare!
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